Cookie Consent by Free Privacy Policy website Casa Baldi - Creative Centre Casalgrande Padana
maggio 24, 2019 - Casalgrande Padana

Casa Baldi - Creative Centre Casalgrande Padana

Il nuovo Creative Centre di Roma

I Creative Centre sono luoghi aperti ai professionisti del settore, ideati da #casalgrandepadana per superare il tradizionale concetto di showroom commerciale, proponendosi come un crocevia tra #ceramica e progetto, e coniugando dimensione espositiva, comunicazione, informazione tecnica e una articolata serie di iniziative, sia nel campo dell’architettura, che del #design e della produzione.

Il successo di questa formula è testimoniato dal fatto che nel giro di pochi anni al primo Creative Centre sorto a pochi passi dal polo produttivo di Casalgrande, su progetto di Cerri Associati Engineering, si è affiancato il Creative Centre di Milano Foro Buonaparte, divenuto ormai punto di riferimento per la comunità di architetti, non solo del capoluogo lombardo, grazie anche all’intensa attività di appuntamenti e incontri di formazione che hanno visto avvicendarsi numerosi importanti protagonisti internazionali dell’architettura e del #design.

In questa logica, per soddisfare la domanda crescente che si esprime a livello nazionale, #casalgrandepadana ha deciso di realizzare un nuovo Creative Centre a Roma. Il luogo scelto è particolarmente significativo e rappresenta l’occasione per aprire alla comunità dei progettisti un importante manufatto d’autore: Casa Baldi, progettata da Paolo Portoghesi e realizzata tra il 1959 e il 1961.

Con grande sensibilità, #casalgrandepadana ha affidato il progetto di restauro e ridestinazione allo stesso Paolo Portoghesi, che ha elaborato una serie di soluzioni coerenti con l’opera originale e allo stesso tempo sensibili a valorizzarne architettonicamente e funzionalmente la nuova destinazione d’uso.

Architettura del tempo relativo

Un edificio “intenzionalmente ambiguo” per parola dello stesso autore. Un innovativo manifesto programmatico di ricerca sperimentale verso un nuovo linguaggio legato ai luoghi e alla storia. Un progetto che a distanza di molti anni ci ripropone l’insolubile problema di cosa sia la modernità in #architettura.

Non è la dimensione che fa grande l’architettura: è il suo spessore. Ne consegue che la scala ridotta non sia di per sé condizione necessaria di sintesi, né di rinunce o economia di contenuti. Di esempi ne è piena la storia della migliore #architettura.

Una premessa necessaria per introdurre Casa Baldi, il “piccolo” edificio residenziale completato a Roma sull’ansa della Flaminia nel lontano 1961, su progetto di Paolo Portoghesi. Opera che, andando ben oltre il mandato, rappresentò un innovativo manifesto architettonico del primo dopoguerra, capace di stimolare un grande dibattito, al tempo rimbalzato perfino oltreoceano sulle pagine del New York Times.

Dal suo apparire, sino ai nostri giorni si è scritto moltissimo su Casa Baldi. Lo stesso Portoghesi è stato chiamato a svelarne a più riprese gli elementi e le scelte meno facili da discernere e comprendere compiutamente. Potremmo dire che questa #architettura ha continuato a essere costruita nel tempo anche attraverso il “cantiere della critica”. Tra i molti tavoli che si aprirono, vale la pena ricordare l’articolo, in forma di “polemica con l’autore”, dedicatogli sul numero 86 del 1962 dalla rivista L’architettura cronache e storia diretta da Bruno Zevi, dove Casa Baldi venne definita “Un edificio problematico” e introdotta come una piccola costruzione che “ha suscitato negli ambienti architettonici romani perplessità e resistenze, perché da un lato sembra informata ai più attuali temi figurativi (specie per quanto riguarda la manipolazione dello spazio), dall’altro è carica di memorie culturali, la cui presenza appare equivoca e persino di carattere reazionario”. Molto interessante e chiarificatrice la lunga e approfondita replica di Paolo Portoghesi, chiamato sulle stesse pagine a illustrare le sue motivazioni, introdotte da uno spiazzante incipit: “Casa Baldi è un edificio ambiguo, aperto a molteplici letture; e poiché questa ambiguità è intenzionale e dovrebbe servire a provocare nell’osservatore una volontà attiva di interpretazione, coinvolgendolo in una narrazione che lo renda partecipe e quasi co-autore dell’opera, una giustificazione analitica potrebbe essere oltre che inutile, contraddittoria”. Un Articolo sicuramente da ricercare nelle biblioteche per quanti vogliano approfondire il tema, i toni e le vicende che accolsero e accompagnarono questo complesso progetto.

Per parte nostra, rimandiamo all’intervista che Paolo Portoghesi ci ha gentilmente concesso e pubblichiamo in queste pagine, nella quale l’autore racconta la genesi, la costruzione e l’attualità di Casa Baldi.

Ritorno al futuro

Abbiamo incontrato l’architetto Paolo Portoghesi per conoscere la genesi di questa singolare #architettura e farci anticipare le idee e le linee guida alla base del progetto di ridestinazione che, a poco meno di sessant’anni dai primi schizzi, lo vedono nuovamente protagonista attivo.

Professor Portoghesi, ci racconta come nacque l’incarico di casa Baldi e la fortunata condizione di avere carta bianca dal punto di vista creativo?

Gian Vittorio Baldi era uomo di cultura. Regista di una certa importanza, autore di esperimenti di “Cinema verité” e produttore dei primi film di Pasolini. Ci siamo conosciuti nell’occasione di un documentario per il quale mi aveva chiesto il commento parlato. Dovendosi costruire una casa a Roma ambiva a qualcosa di diverso e si rivolse a me dicendomi: “Ritieniti completamente libero. Io ho solo due problemi, quello di spendere poco (non più di 10 milioni di allora) e, oltre alle normali dotazioni, disporre di due camere da letto e di uno studio”. In principio ho pensato di curare l’aspetto distributivo poi, avendo visitato il terreno, sono rimasto affascinato dalla situazione e ho cercato di dare risposta a un luogo straordinario, collocato su una collina sopraelevata di una cinquantina di metri rispetto alla via Flaminia, con una rupe di tufo di fronte al paesaggio dove si svolse la battaglia tra Costantino e Massenzio. Accanto sorge il rudere romano di un sepolcro mai studiato, ma di grande fascino che, consumato dall’acqua e dal tempo, ha perso le sue sembianze per trasformarsi in una specie di scultura.
Il progetto è nato dunque da un committente speciale, un budget molto modesto, un luogo pieno di suggestioni. Allo stesso tempo non bisogna dimenticare che eravamo in un periodo storico dove l’architettura era fortemente in crisi. C’era stata in Italia, soprattutto
a Roma, la parentesi dell’Architettura Organica, sostenuta da Zevi, che aveva dato risultati piuttosto deludenti. Quindi per un giovane c’era di che aprirsi a un mondo di cose diverse. E la mia principale
preoccupazione era costruire un “edificio romano”, non scindibile dal luogo straordinario dove doveva sorgere.

A quel tempo lei aveva già avuto modo di esprimersi come architetto, ma da Casa Baldi traspare la carica di entusiasmo creativo tipico delle giovani generazioni.
Una sorta di manifesto programmatico.

Diciamo che in questo edificio c’è tutto quanto ho cercato di fare nella mia vita. Cioè recuperare la storia e le sue forme attraverso i luoghi, applicando la lente della sensibilità moderna. Per cui il progetto traeva intenzionalmente riferimento dalle ricerche del movimento De Stijl. Soprattutto da Van Doesburg, Van Eesteren, Rietveld e allo stesso tempo dalla morfologia degli edifici borrominiani che io avevo studiato con particolare attenzione.

Quindi rappresenta il tentativo di legare due fenomeni completamente diversi che però, secondo me, avevano in comune l’aver messo in discussione il fondamento dell’architettura. Voleva essere sostanzialmente questo. Una proposta di #architettura nuova legata ai luoghi e alla storia, ma allo stesso tempo partecipe della rivoluzione del Movimento Moderno.


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