26 novembre - Fondazione Symbola, Deloitte Private e POLI.design, da quest’anno con il supporto di ADI, CUID e Comieco e il Patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, hanno presentato oggi i risultati del report “Design Economy 2020”, con l’obiettivo di accrescere la consapevolezza del valore del #design per la competitività del sistema produttivo nazionale.
L’economia del #design: una fotografia in #italia e in #europa
Il settore del #design in Europa conta un numero di imprese pari a circa 217mila unità. L’Italia, con quasi 34.000 mila imprese, rappresenta circa il 15,5% dell’intero sistema del #design comunitario, collocandosi saldamente al primo posto per numero di imprese, davanti a Germania e Francia. Il primato del nostro Paese, che offre impiego a 64.551 lavoratori con un valore aggiunto superiore a 3 mld di euro, è in parte attribuibile al forte legame tra #design e made in Italy, ma è caratterizzato anche ad un’eccessiva frammentazione della struttura imprenditoriale nazionale. Quest’ultimo fattore spiega come mai, nonostante un primato in termini di numero di aziende, Germania e Regno Unito registrino un livello di occupazione e un volume d’affari superiori a quelli italiani. Infatti, il complesso dei Paesi UE registra un volume di vendite pari a 27,5 miliardi di euro, e l’Italia ne alimenta da sola il 14,8%, in terza posizione dietro al Regno Unito (24,5%) e alla Germania (16,4%), ma largamente davanti a Francia (9,2%) e Spagna (4,6%). I settori industriali italiani che fanno maggiore ricorso al #design sono: legno arredo, abbigliamento e automotive.
In #italia, il divario tra microimprese e grandi aziende è profondo: liberi professionisti e microimprese (meno di 100mila euro di fatturato) incidono ancora per oltre la metà dell’occupazione (53,4%), mentre le imprese con fatturato superiore a 5 milioni di euro hanno un’incidenza occupazionale dell’8,4%. Nel nostro Paese, pertanto, la maggior parte delle imprese si collocano nei segmenti piccola e micro impresa.
Il legame tra Made in Italy e #design
I risultati del report #fondazionesymbola, #deloitte Private e POLI.design confermano un forte legame territoriale tra Design e le filiere del Made in Italy, con forti ricadute in termini di competitività, innovazione e cultura d’impresa. Le Marche sono la regione italiana con i massimi i livelli di specializzazione del #design nelle filiere dell’arredamento e della calzatura. Seguono Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Veneto, in cui sono presenti moltissime aziende del #design legate al Fashion, alla meccanica, fino alla ceramica e al mobile. In generale, la distribuzione delle imprese appare concentrata a favore dei sistemi metropolitani: Milano da sola assorbe una quota di imprese pari al 14,5% del totale nazionale, mentre Roma è la seconda provincia in graduatoria (6,5%); segue Torino, terza, con una quota del 5,2%. Le prime quattro province metropolitane in graduatoria aggregano circa il 36% della ricchezza prodotta dal #design in #italia, attirando la maggior parte delle imprese e dei professionisti del #design.
Milano si conferma capitale del Design
La principale capitale del #design italiano è #milano: il capoluogo lombardo è capace di concentrare il 18,3% dell’output totale del settore sul territorio nazionale, mentre Torino e Roma, rispettivamente seconda e terza, incidono per l’8,0% e per il 5,3%. Anche sul fronte occupazione #milano conta circa il 14% del totale degli addetti. Il primato di #milano non è casuale: qui hanno sede due delle più importanti collezioni del #design al mondo, quella della Triennale di #milano e quella del Museo del Compasso d’oro promosso dall’ADI, che verrà inaugurata entro il 2020. #milano è anche sede dal 1961 del Salone del Mobile e del Fuorisalone, una delle più grandi manifestazioni al mondo dedicate al #design.
In seconda posizione figura Torino, che nel 2014 ha ricevuto dall’Unesco la nomina di Città creativa UNESCO per il #design. Sul territorio torinese spiccano manifestazioni come Torino City of #design e la presenza di grandi firme del #design dell’automobile. Cresce poi l’interesse di Roma per il #design anche grazie al legame con il settore della moda e le iniziative promosse da Altaroma e Fashionweek romana.
L’impatto del Covid-19 sull’operatività dei designer
Intervistati sulle conseguenze dell’emergenza sanitaria Covid-19 sulla loro operatività, il 45% dei liberi professionisti ha dichiarato di non aver mai interrotto la propria attività, in quanto fortemente orientata all’impiego delle tecnologie digitali. Tuttavia, quasi tutti i designer intervistati hanno riscontrato difficoltà economiche legate a una diminuzione della domanda (68,2%) e problemi di liquidità (48,3%). L’emergenza Covid-19 ha avuto un impatto sui volumi di fatturato per il 39,7% dei progettisti, con il 23,8% dei rispondenti che segnalano un calo superiore alla metà dei ricavi allo stesso periodo dell’anno precedente. La disruption causata dalla diffusione del Covid-19 può però tradursi in opportunità: le stringenti norme di distanziamento sociale e i limiti alla mobilità per contenere il rischio contagio, potrebbero indurre alla riprogettazione di spazi pubblici e privati in numerosi ambiti: ristorazione (16,6%), pubblica amministrazione (11,9%), home working (7,3%) e sanità (6,0%).
Design e sostenibilità motore della crescita
Da un’indagine campionaria di #fondazionesymbola ed Unioncamere su circa 3mila imprese manifatturiere, è emersa una stretta correlazione tra investimenti in #design e crescita lungo tre direttrici: fatturato, addetti, export. Il ruolo del #design come motore della competitività, confermato dalle aziende che utilizzano il #design intervistate nella presente edizione dello studio #design Economy, appare ancor più marcato in presenza di un’attenzione aziendale alla sostenibilità ambientale: le imprese green e #design oriented mostrano differenziali di performance significativi rispetto alle altre aziende. Il vantaggio a favore delle aziende che investono simultaneamente in tecnologie green e #design, rispetto al resto del campione, raggiunge i 22,6 punti percentuali in termini di addetti (38,6% contro 16,0%), 25,1 punti in termini di fatturato (48,0% contro 22,9%) e 13,5 punti in relazione alle esportazioni (38,6% contro 25,1%).
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