POSThome, il progetto abitativo sorto in Via Teodosio 15 a Milano da un’idea di Claudia Campone, fondatrice dello studio Thirtyone #design + Management, porta avanti il programma di urban residency ospitando il lavoro visionario dell’artista Guglielmo Maggini.
Il concept si sviluppa a partire da un arredo imprescindibile della casa, il letto posto all’interno del cubo centrale e indaga la materia che compone il materasso: il memory foam, termine tecnico ormai entrato nel lessico comune a indicare un elemento capace adattarsi alle caratteristiche uniche dell’individuo, seguendone forme, pesi e abitudini.
L’artista avvia un’azione di stravolgimento della funzionalità creando un oggetto tridimensionale dai colori accesi che va a coprirne lo spazio tradendone l’ergonomia: non è più quindi il supporto a rispondere alle esigenze del corpo ma è l’individuo che si trova costretto ad adattarsi alla superficie, compiendo un’esperienza fisica.
L’installazione Memory Foam - dal nome del materiale - tratteggia un paesaggio surreale: altipiani, colline, e pianure dalle forme magmatiche emergono dalla superficie del materasso in un racconto dalle cromie pop.
Il giallo acceso, quasi fluo, trasforma il materasso, oggetto che simboleggia il rifugio e il comfort, in un luogo inospitale e perturbante, un elefante nella stanza che agisce sulla percezione emotiva dello spettatore creando un cortocircuito: il desiderio di entrare in dialogo con la materia e, al contempo, la paura di farlo.
“Il #letto si trasforma, così, in un luogo in cui prende vita il sogno, in cui le immagini della giornata si sfumano e l’inconscio prevale sulla realtà. Il memory foam diventa spugna dell’inconscio, è un lavoro esperienziale, che si discosta dall’idea di #scultura contemplativa e invita all’esperienza tattile instaurando una relazione tra il corpo e l’oggetto”, racconta Gugliemo Maggini.
Sorge dunque un chiaro collegamento ossimorico con la genesi di POSThome, nata come casa-del-dopo frutto del vissuto della pandemia, caratterizzata dall’impossibilità di vicinanza e ancor di più del contatto fisico, che l’artista ricorda e da cui vuole riscattarsi.
L’appartamento diventa ora un luogo dove il senso del tatto e l’interazione con le superfici vengono riattivati. Lo spettatore è chiamato a fruire l’opera nell’ottica del do touch, diventandone parte integrante e riscoprendo l’intimità con la materia.
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