Cookie Consent by Free Privacy Policy website MuDeTo / Umberto Rovelli racconta i Gessati
gennaio 04, 2024 - Gum Design

MuDeTo / Umberto Rovelli racconta i Gessati

Lo studio viareggino gumdesign non ha bisogno di presentazioni sia in ambito locale che internazionale. Da tempo la talentuosa visual designer Laura Fiaschi (Carrara, 1977) e il simpatico "affabulatore" Gabriele Pardi (Viareggio, 1966) - architetto|designer e abile organizzatore di eventi - hanno allargato i loro orizzonti professionali occupandosi di architettura, industrial design, grafica + art direction per aziende e installazioni espositive di grande livello.

Limitandoci al campo del design di prodotto, un fil rouge nel loro percorso ormai più che ventennale emerge a tutto tondo: la ricerca di nessi inusuali fra altissimo artigianato, cultura materiale e contemporaneità che punta, in particolare, su materiali di grande tradizione, ma ormai desueti. Materie ricche di storia che talvolta stentano a uscire dal proprio, ristretto, target di riferimento. Molti dei progetti che Gumdesign ha proposto dal 1999 a oggi sono stati esperimenti di connessione fra un "saper fare" d'altri tempi e una tensione a vivere la quotidianità, dimostrando che queste materie "dimenticate" possono ancora rappresentare al meglio l'odierna complessità sociale e antropologica.

Su tale fronte, nel settembre 2011, in occasione di ABITAMI/MACEF ha luogo una delle prove più impegnative e riuscite di Gumdesign. Nell'allestimento di MINIMI dialoghi immobili sono esposti circa 40 oggetti in cristallo, argento, marmo, ceramica, sinterizzazione laser, realizzati da 5 diverse aziende. Tra le proposte più convincenti spicca quella di Strati Temporali, collezione prodotta da Doma by Sacerdote Marmi che, utilizzando colle bicomponenti, recupera formalmente marmette a basso costo ricomponendole in elementi modellati in sagome multiuso (contenitore svuota-tasche, centrotavola, portafrutta) assai suggestive e sempre diverse.

A distanza di circa otto anni è impossibile non notare analogie fra questa prima prova e la neonata collezione Gessati. Altrettanto inevitabile è però rilevare le differenze fra quell'esordio e il suo compimento. Evoluzione imputabile sia alla costante crescita progettuale della coppia viareggina che alla competente regia del nuovo, importante partner aziendale: antoniolupi.

La storica azienda di Stabbia è oggi una realtà molto diversa ed evoluta rispetto alla Cristal Lupi Luxor delle origini. Sebbene la sua prima collezione di lavabi in ceramica risalga agli anni 90, già nel 2000, superando le resistenze degli organizzatori, Antoniolupi espone elementi pensati per il bagno all'interno della mostra dedicata all'arredo al Salone del Mobile. Nello stesso anno prende corpo l'idea del "bagno sartoriale" (lavabi, piatti doccia su misura) anche per l'adozione di un materiale, consolidato ma inusuale, come il Corian®. Nel 2003 si concretizza l'ipotesi progettual-produttiva di una "Sala da bagno" col ritorno alla pietra toscana nella collezione Materia di Carlo Colombo: vetro, marmo di Carrara, pietre turche, Stonegray. Quindi, con l'arrivo dei coniugi Poirier – portati in azienda da Riccardo Fattori – l'azienda realizza la Vascabarca/Barcavasca (2006-2008) che apre per il bagno una nuova prospettiva in quanto "luogo di esperienza", spazio esistenziale e non solo funzionale.

La virata tipologica (dall'oggettistica al bagno) che segna il passaggio da Strati Temporali a Gessati impone di per sé una scelta più severa dei componenti. La nuova sfida affrontata da Gumdesign ha così come fulcro il marmo di Carrara e tutta la sua emblematica caratura di numen territoriale. Una volta affrancatasi da ogni tonalità "pauperista" (connotazione, peraltro, già affievolita, per non dire assente, in Strati Temporali), la verve identitaria di Gessati ha ampiamente agio di coordinarsi con la storia elitaria di Antoniolupi arricchendone la gamma di manufatti unici, esclusivi, caratterizzati da forti connotati simbolici oltre che frutto di progetti inconsueti e carichi di fascino.

In Gessati la materia più antica incontra – in una sorta di unyo alchimistica a un tempo profonda e profana – la moderna tecnologia, la creatività e i riferimenti al mondo della moda. Le righe parallele, tipiche dei capi di abbigliamento richiamati dal nome della collezione, identificano in modo inequivocabile i lavabi da appoggio (tondo, Ø 45, h 10 cm; ovale Ø 60, p 45, h 10 cm; rettangolare, l 60, p 45, h 10 cm). Effetto ottenuto accostando lamine di marmo da 1 o 2 cm di Carrara incollate fra loro tramite una resina colorata a formare volumi morbidi e sinuosi dalle linee avvolgenti e perfettamente levigate che le straordinarie declinazioni cromatiche del marmo rendono unici e irripetibili garantendo dinamismo e personalità a ogni ambiente coinvolto.

A livello puramente visivo, con una certa efferatezza critica, si potrebbe attribuire al progetto un profilo tecnologico-revivalista, ponendo l'accento sull'ecolalica consonanza – peraltro implicita nell'utilizzo del marmo – tra l'ottenuto "effetto gessato" e la tipica bicromia di gran parte dell'architettura storico-monumentale del territorio toscano. Ma sarebbe un errore marchiano, in particolare perché il lavoro di Gumdesign appare esemplare sotto diversi aspetti, alcuni dei quali esulano del tutto la mera visibilità. Proviamo, qui di seguito, a metterne in luce alcuni.

I. La professione del designer: un'evoluzione ben temperata
In primo luogo il processo ideativo e realizzativo di Gessati e del ricordato prequel, offre il destro per rimarcare la svolta, in senso manageriale, rilevabile nella disciplina nel ventennio che va dagli anni 90 agli anni 10.

Com'è spesso accaduto nel secolo scorso al "fratello maggiore" di entrambi i componenti dello studio – Paolo Ulian –, buona parte del successo (o comunque del futuro produttivo) dei progetti di Gumdesign si può far risalire a un'occasione comunicativa (in genere una mostra ospitata in una occasione fieristica), sovente di carattere collettivo. Rispetto a Ulian, però (e qui sta lo scarto evolutivo che s'intende segnalare) Laura Fiaschi e Gabriele Pardi non solo partecipano a un iter innescato – ovvero ordito – da altri, ma ne sono in prima persona ideatori, promotori e organizzatori. In una prima fase attivandosi in modo da far convergere diversi "giovani" autori su un tema comune (è il caso di eventi come Cambiovaso ideati per UpGroup nel corso del quale, ad esempio, Ulian nel 2008 ha modo di esporre il vaso Vago, che, subendo un transito tipologico analogo a quello vissuto da Strati temporali, dieci anni dopo diviene il prequel del lavabo Intreccio di Antoniolupi). E, in seconda battuta, coinvolgendo diverse aziende di settori anche lontani tra loro a proporsi in quanto team coordinato presentando insieme – in una comune occasione dal forte impatto comunicativo – prodotti di cui lo studio Gumdesign è sia progettista unico (o principale) sia curatore dell'evento stesso – come nel caso del già citato MINIMI dialoghi immobili. Con un'assunzione di responsabilità che, com'è di tutta evidenza, non si limita all'ideazione di un'occasione espositiva – di per sé effimera e circostanziata nel tempo –, ma, anzi, s'arrischia a prolungare il proprio raggio d'azione lambendo il limite della vendita diretta.

In tale evoluzione del coinvolgimento progettuale, come nel caso di Ulian, "galeotta" è stata l'esperienza dell'autoproduzione. Ma anche sotto questo aspetto la distanza fra lo studio e il maestro massese è marcata. Non è raro, infatti, trovare nel sito web di Gumdesign non solo descrizioni della "filosofia" che ha guidato gli autori nel progetto dei vari prodotti esposti, ma persino accenni al loro costo e link per consentirne, o comunque facilitarne, l'acquisto – si veda, a tal riguardo, la sezione denominata "Gum Store". Una scelta comunicativa davvero esplicita che segnala come, attraverso la ramificazione delle attività incidenti sul processo produttivo della componente un tempo deputata al solo "progetto", si sia ormai a un passo dal determinare una consapevole contrazione nel "quadrifoglio" operativo sul quale ruota l'intero sistema design (di cui, com'è noto, la versione "classica" è stata sequenziata negli anni 80 da Renato De Fusco nelle quattro macro-aree di: progettoproduzionevenditaconsumo). In altri termini, l'impegno attivo e/o proattivo che Gumdesign manifesta nei riguardi di ognuno dei quattro "petali" tende, di fatto, a uno scardinamento degli equilibri in essere nel sistema: facendosi ideatore, intermediario, promotore, facilitatore, ecc., lo studio contribuisce a sferrare un deciso attacco alla forza propulsiva dei diversi contraltari in gioco.

Al riguardo, la consapevolezza dello studio è pressoché totale come entrambi i componenti testimoniano, nel 2018, a Sebastiano Tonelli: «Ci siamo avvicinati "casualmente" al mondo dell'autoproduzione; crediamo fermamente sia un'esperienza molto importante, non solo perché determina una autonomia progettuale illimitata, la necessità di seguire l'intera filiera creativa, produttiva, comunicativa e distributiva ma anche perché "istruisce" su alcuni passaggi fondamentali per comprendere anche "l'altra parte", quella dell'imprenditore (utile dunque anche nel momento in cui si progetta per le aziende). L'autoproduzione richiede competenze (tecniche, materiali, lavorazioni, utensili, alto artigianato e produzione digitale), capacità strategiche (la scelta da percorrere), capacità comunicative ed organizzative. E si possono raggiungere soddisfazioni personali e professionali. [...] Agli aspetti positivi possiamo contrapporre quelli "negativi"; la capacità di trasformarsi da professionista a imprenditore cambia la visione, la prospettiva e il metodo per approcciarsi al mercato; non solo, occorre anche "trasformare" uno studio in un magazzino, dedicare energie e tempo alla logistica, ai pacchi da fare per le spedizioni, ad avere rapporti quasi quotidiani con i corrieri e a curare personalmente il cliente finale. La bellezza di questo mestiere è proprio insita nella sua richiesta continua, evolutiva!».

II. Risorse materiali e loro tutela (anche) attraverso il progetto
Un ulteriore aspetto di cui l'opera di Gumdesign e l'esperienza di Gessati può essere definita esemplare è la cesura etica rispetto al passato rilevabile in molti designer operanti a partire da questo millennio. Soluzione di continuità nei riguardi del progetto industriale novecentesco che comporta a una seria rilettura (ovvero impegna al reperimento di una nuova chiave interpretativa) sia del ruolo del designer sia di quello della materia – e, in particolare della materie non rinnovabili come quelle litiche – nel sistema economico e industriale odierno.

Come segnalano Laura Badalucco e Luca Casarotto: «L'Economia Circolare ci chiede di ripensare alla base i nostri modelli attraverso una profonda comprensione dell'interconnessione tra sistemi sociali, economici e naturali per concepire soluzioni in grado di essere reintegrate nel sistema produttivo e continuare a far parte del sistema tecnico in modo infinito. All'interno di questa strategia, e per mettere in atto tale cambiamento, viene, a tutti i livelli, riconosciuta nel designer la figura di catalizzatore d'impatto. Nell'ambito del design ciò comporta, di conseguenza, una necessaria riflessione sugli aspetti fondamentali della professione e sulla relativa formazione, per valutare quali elementi possano essere più efficaci e valorizzabili in questa transizione. Tra questi, è necessario capire, ad esempio, come può il design contribuire a ridare valore a ciò che la produzione sta considerando come scarto. Il passaggio da materia di valore a scarto si configura come uno spostamento di categoria relativo (alla lavorazione, alla singola produzione, alle geometrie richieste dal progetto, ecc.), ma non assoluto. Ciò è ancor più rilevante nel caso dei materiali litici sia in quanto materiali di alto valore per le loro caratteristiche, qualità e per l'unicità rappresentata dal singolo blocco, sia perché si tratta di risorse finite (nel senso di limitate, non rinnovabili)».

Come segnalato, nella "prototipale" edizione dei Gessati – denominata, come detto, Strati temporali – il progetto di Gumdesign affronta direttamente il recupero delle marmette (dal costo commerciale bassissimo) affinchè siano ricomposte in un blocco di piccole dimensioni, collegate da colle bicomponenti arricchite da pigmenti naturali, per recuperare l'elemento originario (il blocco). Tramite il progetto quindi, il neonato blocco diviene "operabile" mediante macchine a controllo numerico riacquisendo la qualità e la reputazione perdute.

Il progetto di Gessati pur se, come accennato, afferente una gamma tipologico-produttiva di livello superiore, mantiene comunque un fattore costante anche rispetto alla filosofia del progetto originario: l'utilizzo esclusivo di materiali di recupero. È dunque un progetto industriale che avverte come prima istanza quella di contrastare una condizione materiale "periferica" di giacimenti interdetti che con le opportune azioni – inventive, manuali, tecnologiche – sono in grado di riassumere appieno una "centralità" anche nel mondo contemporaneo. E ciò costituisce una sorta di a priori progettuale che prescinde da un qualsiasi esito concreto e finale. Il "metaprogetto" in cui possiamo collocare sia il caso di Gessati che quello di Strati temporali consiste pertanto in primo luogo nella rivalorizzazione del supporto materiale che sta alla base del progetto: il prodotto sul quale concretamente il progetto si applica è una sorta di precipitato secondario, una conseguenza di carattere epifenomenico, una sorta di "derivato" – peraltro declinabile, di volta in volta, secondo le esigenze del contraltare aziendale e/o del momento storico.

III. La materia progettuale
Da quest'ultima constatazione circa lo spostamento dell'obbiettivo primario del progettista – dalla sua occasionalità produttiva alla sua consistenza qualitativa materiale – si possono già intuire alcuni dei vantaggi creativamente seriali che tale opzione metaprogettuale – alzando il livello di attenzione e tensione del progetto industriale – garantisce agli autori. E, più in particolare, si può meglio avvertirne il peso e la consistenza rilevando un terzo e ultimo aspetto che, a parere di chi scrive, risulta esemplare dell'esperienza di Gessati: l'ibridazione delle materie. Lo studio, anche prescindendo dall'affine esperienza di Strati temporali, non è affatto alla sua prima esperienza in tal senso. Per accorgersene occorre semplicemente: a) da un lato osservare l'attività recente di Gumdesign con lo sguardo di chi intenda individuare una costante generale nella loro ormai vasta produzione; b) dall'altro prendere atto che anche la "resina colorata" con cui le lamine di marmo di Gessati vengono unite in un unico blocco è anch'essa materia dotata di una sua ben definita identità, sebbene la sua "gregarietà" tenda più di sovente a relegarla al mero ruolo di legante "tra" materie.

Ciò premesso possiamo passare in rassegna alcuni progetti recenti notando una quanto mai evidente e ricorrente tensione a connettere e/o giustapporre materie diverse in un unico ensemble progettuale. È il caso, ad esempio, dell'accostamento fra sughero, totalmente naturale, e Cristalmood proposto nei lavabi Borghi, editati sempre da Antoniolupi nel 2021. Episodio confermato l'anno successivo con la seduta Dress_Code – prodotta da S.Cab – dove lo studio sperimenta l'azzardata giunzione, tramite una semplice cerniera sartoriale, tra tessuto e metallo. Un approccio ibridante e di marca dichiaratamente trans-settoriale di cui, però, possono essere evidenziati alcuni esiti di rilievo persino nel decennio precedente: ad esempio il sobrio tavolo Mastro (2012) prodotto da De Castelli, dove una lastra di ferro acidato piegata (il piano d'appoggio) nella fase di "non uso" del prodotto può fungere efficacemente da custodia per i due cavalletti di sostegno in legno d'abete.

Tre evidenze che segnalano una consuetudine, ossia una familiarità e una confidenza con una sorta di principium sine fine ovvero di potentia sine objecto in grado di garantire allo studio un numero pressoché sconfinato di occasioni di progetto e alternative di "narrazioni". Codice linguistico, non a caso evocato in quest'ambito, vuoi per l'abituale redazione da parte di Gumdesign, di volumi cartacei dalla grafica inappuntabile – che definire "cataloghi" sarebbe riduttivo – realizzati, di norma, a supporto delle serie produttive proposte in occasione di eventi e manifestazioni espositive, ma soprattutto perché lo stesso modus operandi che caratterizza la parabola operativa dello studio in quest'ultimo decennio appare riconducibile, molto presumibilmente, a quel "binomio fantastico" che nell'ultimo libro di Gianni Rodari – Grammatica della fantasia – viene messo in luce come uno degli inneschi principe della narrativa e del racconto per l'infanzia per eccellenza – la fiaba – che, per l'autore piemontese, «rappresenta un'utile iniziazione all'umanità».

Come osserva sempre Rodari, «In realtà, non basta un polo elettrico a suscitare una scintilla, ce ne vogliono due. La parola singola "agisce" [...] solo quando ne incontra una seconda che la provoca, la costringe a uscire dai binari dell'abitudine, a scoprirsi nuove capacità di significare. Non c'è vita, dove non c'è lotta». Sin dall'infanzia «il pensiero si forma per coppie. L'idea di "molle" non si forma prima, o dopo l'idea di "duro", ma contemporaneamente, in uno scontro che è generazione». E abitualmente «occorre una certa distanza tra le due parole, occorre che l'una sia sufficientemente estranea all'altra, e il loro accostamento discretamente insolito, perché l'immaginazione sia costretta a mettersi in moto per istituire tra loro una parentela, per costruire un insieme (fantastico) in cui i due elementi estranei possano convivere».

A questa straordinaria e canonica via d'accesso al "nuovo" – sia esso inconsueto, atipico, anomalo, ecc. – possono essere ricondotti anche quasi tutti i lavori di Gumdesign risalenti al 2015. Una breve rassegna vede: Cumuli, vasi in marmo Bianco Carrara (by Studio Formart) e vetro soffiato trasparente o turchese (by IVV952); Racconti Raccolti, contenitori in marmo Bianco di Carrara, Pietra di Centola e Nero Marquinia (by Alfaterna Marmi) chiusi da una sottile lamina in metallo tagliata a laser e ripiegata su un angolo (by 0.0 Flat Floor); Mutamenti, contenitori in marmo grigio billiemi (by Cusenza Marmi) e rovere naturale (by Studio14); Profili, contenitori in marmo Bianco Carrara (by Bertozzi Marmi) e pelle conciata al vegetale (by Stefano Parrini); Versante, bottiglie in cristallo (by Colle Vilca) posate su conche levigate internamente in pietra Avorio (by Cusenza Marmi); Fossili, sculture in marmo Bianco Carrara (by Dedalo Stone) e Nidrali (by Rossi Navi); Fondali Emersi, contenitori, vassoi e centrotavola marmo Bianco Carrara (by Purapietra) e gres (by Ornamenta); Disgelo, contenitori in marmo bianco carrara (by Dedalo Stone) e plexiglas (by Adeglas).

È dunque in questa cornice che il progetto Gessati va inquadrato dandogli modo di manifestare la sua complessa quanto ineccepibile pertinenza. L'eccellenza del partner aziendale non attenua in alcun modo la coerenza di un percorso che, anzi, proprio qui ha modo di manifestare nuance e palpabili effetti forse mai raggiunti finora. È il caso, ad esempio, del passaggio dalla base semilavorata (il blocco eteroclito – rodarianamente sia "molle" che "duro" – composto da lamelle di marmo e resina colorata) e la successiva lavorazione di scavo. Se, da un lato, la variazione cromatica e il contrasto creato tra materiale naturale e collante conferisce alla superficie dei lavabi il caratteristico motivo a righe alternate, d'altra parte è la perfetta levigatura del volume che dona all'insieme un effetto optical di grande fascino. Con lo scavo finale, infatti, la rigida complanarità delle commessure del blocco base è disattesa in più parti del convesso volume finale. Il movimento plastico dell'incavo del bacino finisce con l'imporre un'agogica quasi straniante al cadenzato ritmo cartesiano degli abbinati elementi originari perturbandone inevitabilmente la lineare uniformità di partenza. Si generano così curve sinuose e suadenti, che determinano rallentando e accelerando carichi di una sensualità ipnotica che non lascia indifferenti e, per certi versi, tende a soggiogare emotivamente come l'ascolto di una danza slava di Antonín Dvořák.

A ben vedere, in estrema sintesi, Gessati può essere letto e interpretato come il risultato puntuale e determinato di un'assai più ampia dialettica chiaroscurale tecnologicamente scandita sulla scorta di una norma astrattamente ordita a priori. Dettato strategico che, ben al di là d'estinguersi nel tedio della routine, si declina ogni volta con rinnovata sagacia e competenza – nel progetto – e s'attiva e riluce vitalmente col contributo essenziale del tattile savoir faire di artigiana memoria – nell'esecuzione. Mani accorte ed esperte, abilmente capaci di replicare l'estro e i capricci del kairos, fissandoli ad arte su quella marmorea partitura che, per quanto inemendabilmente estorta alla natura, ha perlomeno la singolare opportunità di divenire – paradosso miracoloso – il domestico lavacro di se stessa.

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